Illumina come un faro nella notte, protegge le idee, alimenta i sogni e fortifica le ambizioni. La speranza cammina da secoli a fianco della gente, silenziosa, paziente nel seguire attenta le mosse presenti e future.
Soffoca e opprime la figura degli esseri umani?
Al contrario, stagna nell’ombra dell’anonimato e prende forma nei momenti di intima e assidua riflessione. Invia piccoli segnali, alcuni criptici, altri più lineari, ma con forza magnetica attrattiva, seducente conduce l’uomo alla ricerca di qualcosa che vada oltre il quotidiano e l’immediato.

Le storie di Federico Fellini sono intrise di speranza, aprono a un ventaglio di emozioni contrastanti, ma non si fermano allo stupore o al concetto empatico di osservazione. Il lavoro di Fellini sta nel mettere chi osserva nelle condizioni di accantonare, se ce ne fosse bisogno, le proprie convinzioni e punti di vista. Niente è saldo o immutabile, perché proprio la speranza degli esseri umani è altrettanto dinamica e fragile. Questo è uno dei segnali frequenti che i film di Fellini lasciano a chi guarda dietro uno schermo.
Sperare per il regista romagnolo non è semplicemente desiderio o ambizione, ma un vero e proprio monito di ricerca, osservazione dei dettagli circostanti, ben nascosti dal caos e dalle faccende che riempiono il quotidiano vivere. È a tratti sofferenza, inquietudine, perché quello che l’uomo non può vedere e toccare nell’immediato, risulta essere misterioso, quindi per certi versi aberrante. Non c’è cosa più spaventosa e preoccupante per gli esseri umani del non chiaro, dell’inspiegabile.

Perché proprio la figura di Dio o degli elementi vicini al concetto di sacralità sono quelli più marcati e riflessivi nei film di Fellini?
Una risposta secca e immediata non c’è, ma lo spunto più consono per questa domanda è certamente legato alla dimensione riflessiva dei personaggi. Ogni qualvolta c’è un avvicinamento ai temi più profondi dell’esistenza umana, i personaggi delle opere di Fellini perdono la consueta sfrontatezza di uomini di mondo, assumendo lo sguardo di fanciulli alle prime scoperte della realtà. Tutti gli elementi legati all’ignoto, al non visibile, diventano di colpo giganti nella notte, al quale ci si può solo prostrare, osservando con occhi gonfi di stupore.
Ignoto è anche il concetto dell’amare ed essere amati e in tanti film i personaggi tormentano le loro anime nel silenzio della notte, aspettando un segnale di ciò che possa finalmente indirizzarli verso l’essenza di un’amante acceso nello spirito e nella carne.

La speranza domina i canoni stilistici e tecnici di un regista proiettato nella ricerca incessante del “e poi che succederà?”.
Ce lo chiediamo anche noi e si spera che l’essere umano non smetta mai di farlo, perché l’oggi è davanti ai nostri occhi, mentre è il domani quello che rappresenta l’invisibile.

L’articolo nasce dagli spunti, studi e riflessioni della docente Claudia Caneva, sempre attenta alle dinamiche antropologiche dei temi presi in osservazione.

La prof.ssa Caneva interverrà durante la seconda sessione del convegno.

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