«Chi ci guida nell’avventura creativa? Come è potuto accadere? Soltanto la fiducia in qualcosa o in qualcuno nascosto dentro di te, qualcuno che conosci poco, che si fa vivo ogni tanto, una tua parte sorniona e sapiente che si è messa a lavorare al posto tuo può aver favorito la misteriosa operazione. Tu l’hai aiutata questa tua parte inconscia dandole fiducia, non contrastandola, lasciando fare a lei. Questo sentimento di fiducia credo che possa definirsi sentimento religioso».
Federico Fellini
La citazione di apertura è per Gianluca Arnone, redattore della Rivista del Cinematografo, indicativa circa il rapporto tra il regista riminese e il sentimento religioso. Cosa più complessa invece è capire il rapporto tra i film di Federico Fellini e la critica cattolica.
Ciò che emerge è un’alternanza di giudizi negativi e positivi da parte del mondo ecclesiastico. Infatti, se film come La Strada (1954) hanno ricevuto un riscontro positivo, La Dolce Vita (1960) è stata oggetto di pesanti critiche.
L’unico ad andare contro corrente rispetto ai giudizi negativi e a riconoscere la grandiosità del film La Dolce Vita fu Gian Luigi Rondi, noto critico cinematografico. Tutti coloro che hanno visto il film sanno che Marcello, protagonista della pellicola, è immerso nella dolce vita, nei piaceri effimeri che la vita ci può mettere davanti, ma in questi stessi piaceri sta lentamente soffocando senza più sapere quale sia la via d’uscita.
La critica cattolica considerò la pellicola fortemente immorale, giornali come l’Osservatore Romano e il Secolo d’Italia, ne proposero il ritiro dalle sale cinematografiche. La Dolce Vita si è imposto comunque come il capolavoro che ha salutato definitivamente la tradizione del neorealismo.
Gianluca Arnone ci fa notare che i primissimi film del regista vengono accolti positivamente dalla rivista de il Cinematografo e dal resto della critica cattolica, a partire da La Strada, primo dei film che forma la Trilogia della Salvezza e della Grazia. Le altre due pellicole sono Il bidone (1955) e Le notti di Cabiria (1957).
Partendo dal film La Strada è presente il tema della “grazia” che tocca l’animo di Zampanò destinato ad un futuro selvaggio, salvato invece dalla dolcezza e semplicità di Gelsomina.
Nel film Il Bidone è presente ancora il tema della “grazia”; lo riconosciamo in Augusto che vuole cambiare il suo destino di truffatore.
Infine nel film Le notti di Cabiria è presente il tema della “salvezza”, in cui Cabiria nonostante la moltitudine di disgrazie avvenute nella sua vita, anche nel finale continua a sorridere, non lasciandosi sopraffare dalla tristezza.
Gianluca Arnone rileva come tutto il credito raccolto nel mondo cattolico dal regista riminese con la Trilogia della Salvezza e della Grazia si sia azzerato con l’uscita nel 1960 del film La Dolce Vita. Ma l’approccio non convenzionale del “maestro” è stato efficace nella narrazione di situazioni sia di persone comuni sia di persone disperate, favorendo la riflessione come a dare l’impressione allo spettatore di entrare nel vivo delle questioni e la percezione di essere presente alle riprese insieme al grande regista di cui celebriamo il centenario della nascita.
